martedì 17 aprile 2012

Arrivati al Campo Base!

E' da un po' che non do notizie. Aspettavo di acclimatarmi e sentirmi un po' più in forze. Comprendo ora che quando The Legend diceva che ci vogliono 21 giorni per acclimatarsi, beh... forse aveva ragione. 

Dopo 5 giorni e 4 notti al campo base dell'Everest, ovvero a 5.350 metri, io e gli altri due Ciòccapiatti siamo ancora con il respiro affannoso, poca voglia di fare, difficoltà di spostamento dalla nostra tenda a quella mensa a quella toilet... Patiamo tanto freddo, abbiamo mal di testa, mal di denti, mal di... insomma siamo delle lagne. Il brutto è quando ci sentiamo meglio, ci dimentichiamo di essere in quota, e facciamo un salto, uno scatto, una risata a crepapelle... e subito dobbiamo sederci e riprendere fiato ripartendo da zero.

La mia camera in primo piano.

Tenda Mensa

 Tenda Cucina

 Tenda Doccia

La vita al campo base è bella. Soprattutto dopo 12 giorni di vita da nomade da un lodge all'altro. Perché è come essere a casa tua. La tenda dove dormi è la tua, la toilet, anche se spartana, è quella condivisa solo con i tuoi compagni di viaggio, lo stesso per la tenda doccia. Quella mensa è confortevole e pulita (l'ho usato poco questo aggettivo finora), la tenda cucina, regno dello staff nepalese, è un luogo intimo di incontro e scambio, non importa se non si parla la stessa lingua. Unico neo, il freddo la notte, quello che ti blocca nel sacco a pelo (le urgenze vanno gestite bene) e che la mattina ti fa svegliare dentro un guscio croccante e luccicante. Di ghiaccio.

Seracchi grandi come palazzi che cadono tutta notte 
e ghiaccio che ti sorride dal sacco a pelo: sì Rufus sei al CB dell'Everest.

Jagat mi ha messo una lampada! Evviva!!!


Qui si scopre, o riscopre, il piacere di una vita più lenta. Non per scelta. Corpo e mente vanno al rallentatore, quindi anche volendo saltellare per il campo base per far visita ai vari amici ritrovati qui (n.b. ci sono circa 2000 persone), in realtà le giornate possono anche passare stando semplicemente seduti nella tenda mensa, in quella cucina, su un sasso al sole. Quando c'è. 


Il mio passatempo preferito è stare in cucina con Jagat Limbu, Pemba Sherpa, Mingma Sherpa, Kusang Sherpa e Dawa Sherpa. In due momenti della giornata soprattutto. Dopo i lavori di pulizia post pranzo. E' quando si siedono tutti intorno al "piano di lavoro", e accolgono gli amici, impegnati nelle altre spedizioni, con tè al ginger e caffè nero. E tante chiacchiere. L'altro momento è quando preparano i pasti. Mi piace tantissimo vedere come riescono a preparare piatti anche complicati con pochi strumenti e in una cucina frugale. Mi sento onorata, in entrambi i casi, di essere accettata nel loro mondo come ospite speciale e silente - parlo solo se interrogata, e questo credo sia un punto importante per non essere vista come un'intrusa. Mi sembra di ritornare bambina, quando ero dalla nonna e le sue amiche le facevano visita. Tante chiacchiere intorno a un tavolo, l'aroma del caffè che rallegra la stanza, le tazzine della festa. Intimità e pettegolezzo. Il tempo che si ferma e blocca i cattivi pensieri è l'effetto più bello di una convivialità spontanea e semplice, coltivata come una regola di sopravvivenza. Anche gli oggetti in cucina mi ricordano quelli di mia nonna. Di alluminio, un po' colorati un po' sbiaditi un po' ammaccati. Ricchi di storia. Funzionali. Sufficienti per preparare piatti semplici e ricette un po' più complicate. Ci vuole poco. Davvero. E qui lo sto imparando.

 Vita nella Tenda Cucina






Siamo arrivati al campo base in due tranche di trekking.  Da Dingboche a Lobuche (4.920 metri), e poi da Lobuche a qui. L'ultima parte è stata davvero faticosa. Faticosissima! Al punto che io Alle e Dominik, seguiti diligentemente da Pemba Sherpa, in più di un'occasione ci siamo fermati dicendo "basta!" La cosa davvero terribile è quando arrivi a vedere la macchia gialla del campo base e pensi di essere ormai a destinazione. Ecco da lì mancano ancora due ore. Altre due ore a quota 5000 e rotti. Fa una grande differenza! Poi le tende si avvicinano sempre di più finché finalmente entri con la lingua sotto le suole nel tuo miraggio: il campo base dell'Everest. Ma amaramente scopri che sei solo al primo "accampamento". Perché qualcuno invece di venirti incontro per darti il benvenuto, ti dice "vedi laggiù il gruppo di tende gialle con le due grandi blu?" e tu non le vedi perché non guardi abbastanza lontano... Ecco in quell'istante, quando le parole di questo Crudele si sono sovrapposte all'immagine della strada ancora da fare, avrei voluto solo piangere. Non avevo alternative, un passo davanti all'altro e testa bassa, fino al sollievo di qualcuno che mi ha preso per mano - non ricordo nemmeno chi! - e mi ha portato a sedere. 

Da Dingboche al CB dell'Everest passando per Lobuche: 
10 ore di cammino per i Ciòccapiatti




Sono arrivata al campo base! Quando mi sono seduta ho capito che questo è il massimo che il mio corpo e la mia mente possono fare! Sì lo so! Questo è il mio limite, la mia vetta. Il mio Everest. 


Chapeau! a tutti coloro che si spingono oltre, arrivano sulla vetta di un ottomila, ma anche di un settemila, con ossigeno, senza ossigeno, per sfida personale, per lavoro, per passione. Chapeau!! Per la sopportazione della fatica, del freddo, di mesi senza comfort, per la capacità di adattamento a uno stile totalmente diverso da quello di origine. Per l'attesa in un dolce far nulla che può minare ai nervi. Per la capacità, la voglia, il desiderio di testarsi in condizioni limite anche solo per l'appagamento di entrare in contatto diretto con una natura che non può che dominare. Il regalo che ti fa, quella natura, è solo quello di permetterti di sentirti nulla assoluto attaccato al suo mignolo. Chapeau a tutti!!!


Eventi importanti:


13 aprile 
La sera del nostro arrivo, sono partiti subito i festeggiamenti per il capodanno nepalese, il 2069! Con tanto di torta con le gocce di cioccolato e musica.



16 aprile
Ieri è stato accolto il Lama per il rito della Puja, di purificazione dei membri della spedizione e la benedizione delle attrezzature e degli atleti che tentando la vetta degli ottomila andranno a far visita agli dei nella loro dimora. 

Il Lama - me lo aspettavo meno casual - richiama con la campanella, l'attenzione degli dei.

The Legend posa la sua attrezzatura alpinistica perchè venga benedetta.

Le preghiere 

I doni da consegnare

Farina d'orzo sulla guancia sinistra. Sono stata purificata e benedetta. 
Non avendo io attrezzatura alpinistica, ho pensato di portare anima e sogni.


Io domani prenderò l'elicottero per ritornare a Kathmandu. Da un lato non vedo l'ora di fare una doccia come si deve e dormire su un letto vero senza un soffitto ghiacciato a un palmo dal mio naso. Oltre che andare a fare pp senza pensarci per 1 ora e rischiare poi di uccidermi lungo il tragitto... 
Ma la consapevolezza che non rivedrò più Jagat Limbu, Pemba Sherpa, Mingma Sherpa, Kusang Sherpa e Dawa Sherpa mi fa già venire il nodo in gola. Questa didi (mi chiamano così, significa ragazza) la stanno tanto coccolando. Con delicatezza. Anche solo con un sorriso, un té al ginger per curare la tosse, uno sguardo disperato quando mi accuccio per pulire la tenda mensa al posto loro.
Se penso a tutto quanto ho vissuto e visto in questo mese, alla maestosità delle montagne, una meraviglia unica, all'impresa, la mia personale, che sono riuscita a portare a compimento, a tutti i luoghi che ho visitato, tra tutto, quello che mi porterò nel cuore per sempre sarà la dignità, la generosità, l'allegria - cantano con le mani rosso fuoco immerse nell'acqua gelida mentre lavano le stoviglie o il bucato -, la voglia di fare sempre di più e sempre meglio, di questo popolo. I gesti gentili che regalano. Sì li regalano. Non per una mancia. Solo perché è parte dell'energia dell'universo. Il gesto gentile.


Jagat Limbu fa la bella lavandaia

Ho iniziato l'anno dicendo che la mia parola del 2012 sarebbe stata GENTILMENTE. Qui sono stata accompagnata dalla gentilezza per un mese intero. Sono proprio fortunata!