venerdì 27 maggio 2011

I love this world

Rufus rompe le regole.  
Questo blog è stato concepito come uno spazio di condivisione della parte di vita di Rufus dedicata al viaggio.  E tra le regole che Rufus si è dato c'è quella di non uscire mai dal concetto di viaggio, anche in senso più esteso di scoperta del mondo, che sia lontano o vicino a noi.  Con l'intento di regalare degli spunti, degli stimoli, o una finestra su un giardino incantato, in attesa di poter prendere la valigia e partire ispirati.  
Con questo post invece Rufus decide di iniziare l'Angolo del Castigo dove metterà tutto quello che in qualche modo e per qualche ragione non gli va bene. E ci si mette anche lui nell'Angolo del Castigo.  Prova a vedere se anche da lì si può imparare qualcosa. 


Lo dichiaro nella regola della doppia V: il mio primo obiettivo in questa vita è quello di viaggiare.  Per conoscere posti nuovi ma soprattutto persone nuove e diverse da me, dalla mia cultura, con esperienze di vita diverse, con un passato diverso e dei piani futuri diversi.  Tutto quello che sono lo devo alla condivisione, allo scambio, alla contaminazione che mi sono regalata in tutti questi anni di viaggio.  
Viaggio fatto da me verso il mondo e viaggio fatto dal mondo verso di me.  
Un mondo di:
veneti a Toronto o a New York, canadesi in Veneto, trevigiani a Pescara, pescaresi a Vancouver, americani in America, americani a Hong Kong, lombardi a Los Angeles, ferraresi a Firenze, ferraresi a Pordenone, dominicani a Ferrara, kazaki a Bergamo, bergamaschi in Nepal, giapponesi in Brasile, brasiliani a Stoccolma, italiani in Giappone, francesi in Francia e veneti in Francia, francesi a Singapore, e... potrei riempire pagine e pagine solo di questi magici incroci.  Nella mia mente sono fantastiche traiettorie di energia pura.  Non solo nella mia mente.  


Una delle mie più care amiche è stata offesa - non è abbastanza descrittivo il verbo offendere, ma lascio la libertà a ognuno di pescare nel proprio zaino il verbo più adatto.  
E' stata oggetto prima di scherno e poi di veri insulti razzisti.  Additata come extra-comunitaria non degna di calpestare il suolo veneto.  
Certo non sono tanto naïf da pensare che questo non accada fuori dalla porta, ma sono sufficientemente incantata per concentrarmi sui miei pensieri positivi al riguardo.  E allora un fatto del genere, anche se divenuto forse 'consueto' fuori dalla porta - è davvero così? - mi coglie di sorpresa.  Non perché lei è una mia amica.  Certo c'è un coinvolgimento intimo che da una nota ancora più violenta alla sorpresa.  Mi sconvolge essere uditore di una testimonianza diretta, di una persona che seduta al mio tavolo, racconta.  E' un gran filtro emozionale l'immagine in pixel.  Me ne rendo conto.  Lei racconta.  Con tono pacato, self control e dignità tipicamente giapponesi.  E tipicamente di chi è un gradino più in alto.  Almeno un gradino.  Con la conclusione, sua, che alla fine "è meglio ignorare l'ignoranza".  Parecchi gradini più in alto direi.  Non lo so.  Io non lo so.  A tavolino non le posso che dare ragione.  Ha pensato a difendere se stessa e la sua bambina "ignorando", perché chissà cosa avrebbe provocato una reazione. Loro erano una ventina. E poi cosa doveva dire?  "Sono giapponese, lo sapete chi sono i giapponesi?"  E perché?  Se fosse stata senegalese non sarebbe stato di meno, giusto?  Lo sappiamo chi sono i senegalesi?  E i cingalesi?  I coreani?  I cinesi?  Mi viene da chiedere anche: lo sappiamo chi siamo noi?
Erano una ventina di giovani adolescenti.  Taccio.  Cerco di respirare.  Mi sembra che l'emergenza sia quella di rispettare i tempi e il tono del suo racconto.  Le sue pause, il suo delicato non detto.  Andiamo avanti con tutte le nostre cose, il nostro era un meeting di lavoro.  E poi ritorna a casa.  
Non lo so.  Cerco di non pensarci.  Alla mia amica.  Ma penso.  Penso a quanto ha da dare lei a questo mondo.  Penso a quanto stiamo facendo insieme.  Ai risultati tangibili, e più prezioso ancora a tutto l'intangibile che ci unisce e insieme con entusiasmo e vivacità regaliamo a noi stesse e agli altri. A quanto abbiamo ancora da fare.  Penso a come mi sono sentita fortunata quando l'ho vista da lontano e ho capito che avremmo avuto la possibilità di diventare amiche.   


Scambio, condivisione, contaminazione.  Penso.


Ignoranza Giovani e Mia terra sono bubboni che mi escono in tutto il corpo.  Mi gratto e più mi gratto più crescono i bubboni e aumenta il prurito.
Finalmente arriva l'ora di spinning, così magari un po' di sano sudore lava via la sporcizia.  Invece la macchia nera sull'anima continua a pesare.  Brucia.  Non è una macchia è un buco nel ventre.  Sì è proprio una sensazione fisica.  E' un buco.  
E così anche se ho lasciato che la giornata scorresse come da agenda, mi ritrovo nel primo attimo di pausa a far andare i pensieri dove hanno bisogno di andare: in cerca di aiuto, di riflessioni ulteriori, di soluzioni.  Per trovare un loro posto.  
Non c'è un posto per l'ignoranza, non c'è proprio.  Ci sono soluzioni?  Non lo so.  Mi pare che se si fosse trattato di ottantenni settantenni sessantenni forse mi sarebbe potuto scappare un "chissenefrega appartengono al passato poveretti e sono pure smemorati".  Ma se si tratta di adolescenti allora è tutta un'altra cosa.  Si parla di futuro.  E mi pare che la cosa più triste, da italiana, da veneta, sia che in questa terra non le spalanchiamo le porte al futuro.  Anzi ci neghiamo ogni speranza.  Ogni speranza.
Rufus continua a viaggiare.  E a tenere le porte aperte al mondo.  Questo può fare.  


Ti chiedo scusa Amica!  Qualcuno lo deve fare.  Io posso.  E lo faccio.